domenica 6 aprile 2008

Luca De Fusco ci presenta il suo "Mercante di Venezia"

“Per quale ragione un infallibile genio teatrale come Shakespeare – si chiede il regista - conclude la trama del Mercante nel quarto atto, ma invece di calare il sipario ne scrive un altro intero, in cui sembra non avere molto altro da aggiungere e divaga, parlando di musica e anelli? Questa domanda mi tormentava durante i mesi di studio di questa regia, facendomi sentire come un detective che cerca di decifrare il “vero” significato del Mercante.
Mario Praz, uno dei più grandi studiosi di letteratura inglese che l’Italia abbia avuto, dice che la grandezza immortale dell’opera di Shakespeare, come di tutti i grandi capolavori, sta nella sua enigmaticità, nel suo “mistero”.
Shakespeare a mio parere non conclude il Mercante con il quarto atto, perché non ha inteso raccontare solo la storia di Antonio e Shylock ma anche quella di Porzia. E vuole riaffermare la superiorità del gioco sui traffici, della fantasia sulla realtà. Ecco perché conclude questa sua parabola sulla inafferrabilità del reale con l’affascinante quinto atto, dal significato più che mai inafferrabile. Esso si apre con un’ode alla musica che è un atto di amore verso l’immaginazione e quando Lorenzo critica l’animo di chi non si fa emozionare dalla musica, sembra parlare della cinica comunità di mercanti che abbiamo da poco lasciato.
Che cos’è poi la scena degli anellini se non l’ennesima messa in scena di Porzia? La ragazza la costruisce chiaramente ad arte. Prima rende solenne la consegna del gioiello. Quindi induce Bassanio a tradire questa consegna e infine crea un lieto fine che riporta tutto in equilibrio, ma la riconferma come regista della vita sua e degli altri.
Ecco perché la fine di Shylock non coincide con la fine della commedia. C’è ancora bisogno dell’epilogo in cui Belmonte sconfigge Venezia. Alla fine di una lunga indagine su un testo così affascinante, una sorta di prisma sfaccettato in cui non si finisce mai di scavare, mi sono trovato in mano ciò che non avevo certo immaginato all’inizio: un atto d’amore verso l’arte, l’immaginazione, in definitiva, il teatro.”
Luca De Fusco

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